sabato 30 marzo 2013

Racconigi: la Capitale di sogno




La piccola “Capitale di sogno”

Percorrendo la Statale 20 (del Colle di Tenda) che unisce Torino a Ventimiglia, uno dei primi paesi in territorio cuneese in cui ci si imbatte, è Racconigi, considerata ancora oggi la “Porta della provincia Granda”.
Racconigi conta poco più di 10.000 abitanti, ma permette al visitatore, che passeggia attraverso i suoi borghi antichi e sa apprezzare il fascino e la storia che si celano dietro i portoncini scuri delle vie del centro, di immergersi pienamente in quella che a fine settecento veniva presentata come “…un des plus beaux pays du monde”.
Ma la nostra visita non può che cominciare da quell’imponente edificio che si affaccia sulla principale Piazza Carlo Alberto e che ha permesso a Racconigi di entrare di diritto a far parte del circuito delle Terre Sabaude: il Castello, patrimonio mondiale dell’UNESCO.

Il Castello

La sensazione che si ha entrando per la prima volta nel Castello Sabaudo di Racconigi è quella di “Vita”, come se il Re, i Principi, il personale di corte avessero abbandonato la Residenza Reale da pochi giorni in prospettiva di farvi rientro a breve. Tutto fermo. Tutto immobile. Tutto al suo posto, dalle stoviglie delle cucine, ai letti ‘appena’ rifatti dei principini. Eppure sono ormai trascorsi più di 60 anni da quando l’ultimo erede di casa Savoia ha lasciato questa dimora.
Racconigi è il Castello ‘storico’ del ramo cadetto dei Savoia, i Carignano, un ‘gioiello dalle svariate sfaccettature, sintesi di oltre tre secoli di architettura, di arte, di stile, di gusto’.
E’ con Emanuele Filiberto, figlio di Tommaso di Carignano, che vennero operate, a partire dalla fine del XVIII secolo importanti ristrutturazioni e ampliamenti, a quello che era sorto come luogo fortificato al confine tra le terre dei Savoia-Acaja e i Marchesi di Saluzzo. Successivamente, sotto Re Carlo Alberto, il Castello divenne sede delle ‘Reali Villeggiature’, un luogo di vacanza per i sovrani, non troppo distante da Torino, ma allo stesso tempo ‘rifugio’ utile a evadere per un paio di mesi all’anno da quella che era la routine della vita del Regno.



La visita ha inizio con il ‘Salone d’Ercole’, usato per accogliere gli ospiti e come sala da ballo durante le serate mondane, seguono la ‘Sala da Pranzo’, la ‘Galleria dei Ritratti’ di personaggi di casa Savoia, gli ‘appartamenti dei principini’ che ospitarono nel primo quarto del ‘900 il principe ereditario Umberto con le sorelle Jolanda, Mafalda, Giovanna e Maria, per poi giungere alle ‘Sale Cinesi’, la ‘Sala di Diana’ da cui si può ammirare in tutto il suo splendore uno scorcio del parco, la ‘Sala da Biliardo’, e poi salire al secondo piano, quello degli ‘Appartamenti Reali’ e quindi scendere al pian terreno nelle cucine del Palazzo. E attraversando lentamente sala dopo sala, si può intuire perché ancora oggi Racconigi venga citata come la piccola “capitale di sogno” dei Savoia.



Il visitatore inoltre noterà anche un elemento che non è un banale dettaglio: raramente le regge sorgono a ridosso delle case popolari e borghesi. Alti sulle case e sui palazzi aristocratici, ancora oggi, vediamo ergersi campanili delle Chiese e delle Parrocchiali, che testimoniano i “secoli d’oro” di questa cittadina, il settecento e l’ottocento.
Una visita dunque di una ricchezza di oggetti, racconti, cultura ineguagliabile che fanno di Racconigi una delle più importanti e meravigliose testimonianze che la storia risorgimentale, e non solo, del nostro paese ci ha trasmesso intatta fino ai giorni nostri.

Una passeggiata nel Parco 

Terminata la visita al castello è bene dedicare del tempo ad una passeggiata nell’immenso  Parco, o meglio una passeggiata nella storia. Infatti il parco del castello è un luogo carico di suggestioni in grado di dare risalto all’architettura del palazzo.
Realizzato su disegno dell’architetto Xavier Kurten a partire dal 1820, il parco oggi si presenta come un insieme di molteplici sentieri che racchiudono al loro interno grandiose distese di prati, di boschi, corsi d’acqua, ponticelli, nonché un lago con un piccolo isolotto, uno grotta, edifici pittoreschi, oltre una vasta varietà di specie vegetali e animali.
Il tutto, nel suo insieme, in grado di creare un’atmosfera romantica, tipica dei giardini ottocenteschi.

Per ulteriori informazioni alla visita del Castello e del Parco del Castello www.ilcastellodiracconigi.it

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Non resta che la visita alla cittadina vera e propria. Per visitare la piccola “capitale di sogno” non bastano poche ore, anche perché escludendo l’Imponente Castello, le scuderie e il suo bel parco, Racconigi offre al turista molteplici attrattive che gli permettono di spaziare per le vie del centro, e non solo, tra medioevo, devozione e… cicogne!!!

Centro Cicogne e Anatidi di Racconigi

Nato a metà degli anni ’80 per la reintroduzione in territorio italiano della cicogna bianca, il centro Cicogne a partire dal 1989 intraprende il progetto anatidi, al fine di salvaguardare alcune specie di anatre, oche, cigni ritenute in via di estinzione.
Le prime 10 cicogne sono giunte dal centro di Altreu  (Svizzera). Ora l’oasi, che si estende per oltre 6 ettari, può contare su diverse coppie libere, senza considerare le molte cicogne selvatiche che durante la migrazione si fermano in zona attirate dagli esemplari presenti.
Inoltre è curioso, passando vicino all'oasi LIPU ascoltare uno strano rumore, simile allo sbattere di due pezzi di legno.  E’ il suono prodotto dai becchi delle cicogne. Infatti questi uccelli sono muti, non cantano come i fringuelli, ma aprono e chiudono il becco velocemente e con forza generando così un suono che assomiglia a un concerto di nacchere.
Il Centro Cicogne Racconigi è aperto tutto l’anno, perché ogni mese, ogni stagione, ogni istante offre momenti particolari, caratteristici e sempre diversi per osservare questi animali.

Per ulteriori informazioni www.cicogneracconigi.it

Due passi… per la “capitale”

Il centro storico di Racconigi è facilmente percorribile a piedi e il risultato, che un viaggiatore attento ne ottiene, è il poter osservare con sguardo curioso come questa piccola cittadina sia stata ‘invasa’ da molteplici epoche storiche che ne hanno caratterizzato le proprie vicende, dal Medioevo alla Rivoluzione Industriale, dalla Seconda Guerra Mondiale fino ai nostri giorni.






Oltre alla già citata piazza Carlo Alberto, una breve sosta merita piazza Santa Maria, salotto barocco e tra i più ricchi di storia. Chiesa Santa Maria Maggiore (1725-27), l’Ospedale di carità e il porticato “palazzo delle anime” ne fanno da cornice. Il percorso si snoda poi con la piccola piazza del Gesù, sede un tempo del mercato delle ‘granaglie’ e nella quale nell’estate del 1797 scoppiò l’Insurrezione di Racconigi’, e piazza Muzzone con la sua Torre Civica e in cui i racconigesi giuravano fedeltà ai propri feudatari. Via Augusto Levis, che segue l’esatto sviluppo dell’antica contrada dei servi, collega quest’ultima piazza con piazza Vittorio Emanuele II, conosciuta anche come ‘piazza degli uomini’ e considerata dagli storici, per i suoi stupendi palazzi che la circondano (tra cui l’imponente Palazzo Maccagno), un ‘unicum’ nel contesto piemontese.


                                              Piazza degli uomini      Scultura in p.za del Gesù    Chiesa S. Maria
                                        

L’antica contrada del pozzo è attraversata da Via Angelo Spada. Un’area che vanta tra le sue particolarità, la presenza dell’ex convento di clausura (attraverso l’arco entrate nell’hortus conclusus) e la Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista dell’XI secolo. Una tappa la merita anche la Chiesa di San Giovanni Decollato, che ospitava i ‘Battuti Neri’, assistenti dei prigionieri delle vicine carceri.
Il nostro percorso non può che concludersi sotto i ‘portici maggiori’, per poi arrivare nuovamente nei pressi dell’ingresso del Castello, con un piccolo bagaglio culturale in più che ci ha permesso di conoscere meglio questa incantevole cittadina alle porte del cuneese ammirando fascinosi palazzi, luoghi di devozione, vecchi setifici, silenziose viuzze e soprattutto meravigliosi angoli di storia e di vita.

venerdì 29 marzo 2013

Salendo la Val Pellice




SALENDO LA VAL PELLICE

A volte le scoperte sono proprio dietro l’angolo. Ed è bastata una giornata di sole, un poco di benzina e quella innata voglia di curiosare per attraversare e amare la Val Pellice, sospesa tra le valli olimpiche, ma già in odor di cuneese, con una storia fortemente legata alla religione valdese, unica in Italia, e paesini che meritano di essere vissuti, passeggiando tra vecchie borgate e un torrente (il Pellice appunto) che dopo una corsa di quasi sessanta chilometri si getta nel Po in prossimità del comune di Villafranca Piemonte.

Tappa Prima – La capitale: Torre
Visitato il Castello di Miradolo, e oltrepassato il comune di Luserna San Giovanni, di cui mi incuriosisce l’etimologia del nome derivante dal latino LUCE (durante il Medioevo la Torre del paese veniva accesa come segnale, da qua il nome Lucerna) mi dirigo verso Torre Pellice, prima tappa di questo breve viaggio in terra valdese.
La camminata nel centro del paese è molto piacevole e l’acciottolato che conduce in Piazza della Libertà, fulcro della comunità, è in leggera salita ma adatto a tutti. Oltre ad ammirare le case e le chiese, l’attenzione non può non essere attratta dalla testimonianza valdese ancora molto forte a Torre e nei paesi limitrofi. Qua ogni anno si tiene alla fine di agosto il Sinodo, la più importante assemblea in cui vengono prese le principali decisioni nella vita delle chiese.
Il museo è luogo fondamentale per approfondire la storia, la cultura e soprattutto il pensiero valdese. Con una documentazione di prim’ordine non si può lasciare Torre senza prima aver visitato tale realtà, arricchita inoltre da una biblioteca che conta ventimila volumi. Non può poi mancare una deviazione verso il Tempio Valdese e la Galleria d’Arte Contemporanea che raccoglie all’incirca quattrocento opere di scultura e di pittura.

Tappa Seconda – Il napoletano Guglielmo
La provinciale 161 si stringe leggermente dopo l’abitato di Torre, ma l’obiettivo Villar Pellice dista poco più di cinque chilometri. Anche qua è bene parcheggiare in prossimità della strada principale e godersi il piccolo abitato… con le proprie gambe. Anche a Villar pellice è presente il Tempio Valdese, risalente agli inizi del diciottesimo secolo e la bella Chiesa di San Maurizio. La mia attenzione è però attratta dal monumento eretto in memoria di Guglielmo (Willy) Jervis, antifascista napoletano, che trovò la morte tra il 4  e 5 agosto del 1944 proprio nella piazza principale di Villar (oggi piazza Jervis) con altri quattro partigiani. Le cronache ricordano che il corpo fu lasciato appeso ad un albero per un po’ di tempo e nella sua tasca trovata una bibbia riportante la seguente frase:
Non piangetemi, non chiamatemi povero. Muoio per aver servito un’idea.
Pronto per riprendere la mia strada mi accorgo della presenza di un indicazione che mi conduce ad un’altra piacevole sorpresa: il museo etnografico Crumiére, a poche decine di metri dalla piazza appena citata, ottimamente allestito in tutti i suoi ambienti e fedele riproduzione dell’industria del tessile, attività nevralgica nell’economia della comunità a partire dal XIX secolo ed attiva fino al 1986, anno in cui il feltrificio fu chiuso per fallimento.

Il monumento a Jervis

Tappa Terza – Erano mille uomini
L’aria frizzante è tipica dei paesini di mezza montagna e per questo anche di Bobbio Pellice. La mia piccola avventura giornaliera si conclude con la scoperta di questo piccolo borgo di poco più di 500 abitanti e a 800 metri di altitudine. Il silenzio è ovunque, quel silenzio che mi porta per un attimo lontano da quel maledetto traffico settimanale e cittadino. Lascio andare i pensieri e gli occhi spaziano ammirando le montagne che salutano le vallate francesi confinanti. Nessun valico comunicante, ma lo splendido Queyras è proprio lì dietro a pochi chilometri.
Bobbio Pellice è una tranquilla e pregevole pietra in questa vallata che continuo a calpestare cercando di scoprire lentamente. Anche in questa località è la storia valdese a incuriosirmi. Un cartello sulla strada principale ricorda quel glorioso 27 agosto del 1689, il giorno del grande rimpatrio, quando mille uomini partirono dalla Svizzera e attraverso le montagne giunsero a Bobbio Pellice, due anni dopo la loro cacciata, in quanto valdesi. Un cippo di pietra, il monumento di Sibaud, inaugurato nel secondo centenario dell’impresa, si trova in un prato a quindici minuti dal paese, una camminata piacevole, che conduce a questo monumento accessibile tutto l’anno.

Tappa Ultima – Andata e ritorno
Dopo la suggestiva lettura della storia dei mille valdesi che fecero ritorno alle loro case oltre trecento anni fa, mi sento appagato da questa gita giornaliera di fuori porta e un po’ più ricco culturalmente. Ma ho ancora un po’ di tempo, così decido di sfruttarlo. Proseguo per la provinciale, dopo Bobbio la strada diventa sempre più stretta, e raggiungo la deliziosa frazione di Villanova a oltre 1200 metri di altezza. Una passeggiata è d’obbligo, per ammirare la splendida cornice di montagne, la deliziosa cascata e quelle case in pietra che parlano di un tempo che fu, immerse in uno dei tanti paradisi di questa nostra terra.
Da Villanova partono molteplici escursioni, la più battuta quella che porta al rifugio Jervis (1732 metri e un’ora e mezzo di cammino).
E’ proprio ora di far ritorno. Durante la discesa mi godo nuovamente i paesini attraversati, in questa valle che offre la possibilità di trascorrere ore, o meglio ancora, giorni lieti, sospesi tra camminate in montagna e la scoperta, attraverso templi, musei, luoghi di culto, di una storia semplice, a tratti eroica, ma soprattutto vera.
La frazione Villanova