giovedì 29 ottobre 2015

Casalvolone, ad un passo dalle risaie



CASALVOLONE, AD UN PASSO DALLA RISAIE!


Paesi. Piccoli, grandi, più o meno piccoli, più o meno grandi. Ma sempre paesi. Ognuno di noi ne porta uno o più nel cuore.Legati ad un momento particolare, ad un avvenimento, ad un parente lontano che si è andati a trovare anni prima e che ti ha fatto scoprire la storia di un'altra realtà.
E poi ci sono quei paesi, si sto parlando proprio di loro, di cui forse non ricordi bene nemmeno il nome se non addirittura il perché ci sei andato, ma nei tuoi pensieri ogni tanto torna un’immagine, anche lui ha fatto parte della tua esistenza. Io con questi paesi ci potrei scrivere un libro, se non addirittura un’enciclopedia. Il fermarmi in una piazza a me sconosciuta è diventatoquasi pane quotidiano. Se non scopro, anche nel comune considerato più ‘scialbo’ del pianeta, almeno una particolarità, una curiosità, un aneddoto, non sono contento. Tranquilli, ma soprattutto tranquillo, in oltre trent’anni ciò non è mai avvenuto.Ogni luogo ha la sua particolare ed inconfondibile storia…
Casalvolone non fa eccezione! Dove si trova? Il problema è che ancora oggi faccio fatica a ricordarne il nome… per me rimane Castelvolone e non chiedetemi perché, ma a forza di inserire su google il nome sbagliato e vedermi comparire solo link cinesi, dovrei finalmente aver assimilato le giuste sillabe che compongono il nome di questo comune in provincia di Novara!

Ciò che ricordo assolutamente è la sua piazza, gli anziani seduti fuori di un bar a bere vino e giocare a carte e la Pieve che si trova nei pressi del cimitero a poca distanza dal centro. La storia di Casalvolone è strettamente legata all’Abbazia Benedettina del X secolo che segnò l’intero periodo medievale del paese. Ma già nel XV secolo iniziò un lento declino che portò al definitivo abbandono dell’opera, i cui beni furono addirittura confiscati in epoca napoleonica.
Casalvolone doveva presentarsi allora come una sorta di ricetto nel quale si accedeva attraverso una porta a torre, crollata solo nel 1968! Oggi posiamo ammirare la Chiesa di San Pietro Apostolo, completamente restauratanell’800, che domina un’ampia piazza. La Chiesa con le sue sei cappelle laterali custodisce un prezioso gioiello… la pala del 1589 raffigurante la Vergine del Rosario, opera di Giuseppe Giovenone, detto il Giovane. Si dice che la pala sia uno dei rarissimi dipinti datati e firmati del novarese risalenti al sedicesimo secolo arrivati fino a noi.

Ma come dicevo poc’anzi, questo paesino di poco più di ottocento anime,a pochi passi dalle risaie e a poca distanza da quella incredibile macchia verde che è la Riserva Naturale della Palude di Casalbeltrame, ha ancora altro da offrire agli occhi del visitatore.  Stiamo parlando della Pieve di San Pietro Apostolo, chiesa romanica del X-XI secolo. Una delle meglio conservate che ho visto, con quel campanile quadrato che sembra tenere sotto controllo la silenziosa pianura circostante. Sulla sua facciata possiamo ancora vedere affreschi del 1495 di San Giuseppe e di San Giovanni ai lati e al centro la Vergine Santissima con i Santi apostoli Pietro e Paolo. E se abbiamo la fortuna di ammirare anche l’interno ci imbatteremo in incredibili dipinti del XV secolo.

Per poter completare il nostro tour giornaliero non ci resta che andare in direzione Novara e giungere alla frazione di Pisnengo, dove ancora oggi è possibile vedere i resti dell’antico castello, inglobati in epoche più recenti ad una costruzione secentesca ad uso rurale.
Ecco, cercavo una curiosità in questo che poteva sembrare uno dei tanti paesini simile ad altri e ne ho trovate tre, ma sono sicuro che se tornassi, da imparare su Casalvolone ne avrei ancora tanto. E chissà se un giorno il futuro e il destino non mi porteranno nuovamente a ‘navigare’ tra immense risaie, cercando la particolarità che ai più sfugge, ed è un peccato. Ogni luogo, in fondo, ha sempre un suo tesoro nascosto!


lunedì 26 ottobre 2015

Voce del verbo sabotare



VOCE DEL VERBO SABOTARE


Il verbo sabotare è di origine francese, “saboter” deriva dal sostantivo sabot che letteralmente significa “urtare con gli zoccoli”. Questa definizione si deve al periodo della Rivoluzione industriale ed alle donne dell’epoca. Esse infatti, stanche di essere sfruttate al lavoro, infilavano degli zoccoli nei macchinari per non farli funzionare correttamente.

Pochi giorni fa lo scrittore Erri De Luca si è presentato in un’aula del tribunale di Torino per ascoltare la sentenza prevista per lui. Non limitandosi ad abbassare la testa aspettando il verdetto, ma difendendo con forza  il verbo da lui utilizzato e dalle eroiche donne coniato: “Confermo la mia convinzione che la sedicente linea ad alta velocità va intralciata, impedita e sabotata per legittima difesa del suolo, dell’aria e dell’acqua”, queste le efficaci parole usate dallo scrittore.

Erri De Luca è stato assolto perché “il fatto non sussiste”. Ora, non ha molta importanza essere a favore o meno sul progetto del Tav. Ma come lo stesso De Luca ha affermato: “E’ stata impedita un’ingiustizia e comunque, è un buona notizia per il nostro paese”. Già perché anche chi per convenienza o più che altro per disinformazione strizza l’occhio al Tav, ha tirato un sospiro di sollievo. Perché in un luogo dove chiunque possa parlare di “usare la ruspa” o portare una pistola in una trasmissione televisiva, una sentenza di condanna sarebbe stato motivo di grande imbarazzo.

Ancor più indegni però, sono stati quei critici letterari, che hanno gettato fango e sminuito le opere di De Luca a causa di questa vicenda, ma che ora, con ogni probabilità, saliranno festosi sul carro dei vincitori elogiando le sue incredibili capacità di scrittura e rinnegando di aver mai detto castronerie di simili portata nei confronti di una delle penne più abili del nostro tempo.

La sottilissima linea che separa un paese democratico da uno con ‘diverse caratteristiche’ di ordinamento, per il momento non è stata spezzata. Ed è la notizia più bella: l’arma più potente non è una pistola portata da un improvvisato saltimbanco in un salotto televisivo, ma è ancora il vocabolario.


giovedì 22 ottobre 2015

A Cavour in bicicletta


A CAVOUR IN BICICLETTA



Dati Tecnici:
PUNTO DI PARTENZA& DI ARRIVO: PARCO LE VALLERE – META: ROCCA DI CAVOUR
CHILOMETRI PERCORSI: 110,3 - DISLIVELLO: 200 mt (quelli della Rocca)
ORE EFFETTIVE IN BICI: 6,5
MEDIA: 17 KM/H

Paesi attraversati:
Moncalieri – Villastellone (via Tetti Sapini) – Carignano – Osasio – Virle – Vigone – Villafranca Piemonte (via ciclo strada Airasca/Villafranca) – Cavour (su Ciclostrada) – Rocca di Cavour – Cavour (pausa pranzo) – Garzigliana – Macello – Buriasco –Appendini – Scalenghe – Pieve di Scalenghe (via ciclo strada Airasca/Villafranca) – Airasca – None – Parco di Stupinigi – Nichelino - Moncalieri

Premessa. Questo me lo sono inventato io, di sana pianta. Ovviamente affidandomi ad una mappa che segnalasse anche le stradine più piccoline, una IGC, tanto per intenderci. Ho fissato la meta, la Rocca di Cavour e sono partito, da un punto accessibile a tutti, il Parco delle Vallere, al confine tra Moncalieri e Torino. Mi sono lasciato trasportare dalle tante e poco conosciute ciclo strade della nostra Regione.Dovevo provare a me stesso e non solo, che è possibile trascorrere un’intera giornata attraversando strade secondarie le quali ti permettono di scoprirepiccoli paesini che sul percorso si possono incontrare. Così come deve essere il cicloturismo, una scoperta e soprattutto un qualcosa di accessibile a tutti. Perché questo percorso, in tutto od in parte può essere fatto agevolmente da chiunque, ciclisti che voglio allenarsi o famiglie che vogliono trascorrere una giornata diversa dalle altre.

Ed è così che… pronti, partenza, via…
‘La giornata, anche se velata, è mite. E’ il primo week end autunnale e dopo aver abbandonato la mia bici per tutto il periodo estivo facendomi quasi sentire un traditore nei suoi confronti, decido di avventurarmi su nuove strade.
I primichilometri corrono veloci, tra strade conosciute e piccolivicoli di campagna per giungere prima a Carignano e poi suprovinciale, per fortuna poco trafficata, a Vigone. Ovviamente c’è il tempo per una furtiva visita ad Osasio (dove in piazza tanti anni prima avevo assistito ad un concerto) e Virle, con le sue belle chiese e i suoi ben due banchi di mercato del sabato mattina… quale felice tranquillità!

A Vigone non mi posso sbagliare, qualche mese prima avevo percorso la bella ciclo strada, ricavata su vecchia ferrovia (quante se ne potrebbero fare in tal senso nel nostro paese!) che porta a Villafranca… ma mi sbaglio, tanto da doverla prendere qualche chilometro più avanti. Villafranca non la attraverso, vedendo le indicazioni della ciclo strada, di quattordici chilometri, che mi conducono direttamente alla mia meta. Perché Cavour? Per tanti motivi tra cui il ricordo, vago, di una gita scolastica in punta alla Rocca. Così arrivato a destinazione e dopo aver visitato il centro intraprendo via Barge e salgo i pochi, ma durissimi chilometri che mi separano dalla vetta. Peccato per la foschia, perché dalla Rocca si possono scorgere panorami infiniti sulla pianura pinerolese-torinese, fin verso il cuneese.

Contento di essere salito, scendo dal versante nord, più tecnico (non per altro è indicato come pedonale) e mi ritrovo in piazza, dove in un piccolo bar consumo il mio pranzo, fatto di tramezzini e una meritata coca cola. Una mezz’oretta di riposo, dopo oltre 60 chilometri percorsi e riprendo la via del ritorno. Sto attento nel seguire le indicazioni della cartina e decido per una strada alternativa. Purtroppo i primi quattro chilometri sono sulla trafficata statale di Pinerolo, ma appena posso svolto a destra attraversando Garzigliana, Macello e Buriasco, dove riempio la mia borraccia di acqua fresca, quell’acqua che mi permetterà di avere l’energia necessaria per arrivare a Torino.


Da qua in poi la strada la conosco abbastanza bene, tutto su strade di campagna, dove gli unici mezzi motorizzati sono i trattori, devio per la frazione di Appendini, arrivo a Scalenghe e riprendo la ciclostrada per Airasca, passando per stazioni abbandonate, passaggi a livello ormai inesistenti e ammirando ancora una volta il bel Santuario di Pieve di Scalenghe. Le gambe intanto chiedono un po’ di riposo, ma decido di accelerare e togliermi dal traffico di None e giungere il più velocemente possibile nel Parco di Stupinigi, dove l’andatura si fa più dolce, l’assenza di auto e la solitudine mi permettono di godere di un’atmosfera di pace e la vista in lontananza della palazzina mi permettono di rallentare… l’arrivo e la doccia tanto sospirata non sono più un miraggio. Ancora il tempo di attraversare Nichelino e Moncalieri. Pochi chilometri e arrivo a casa! Anche la Rocca di Cavour, pedalata dopo pedalata, è stata conquistata’. 

lunedì 19 ottobre 2015

La seconda prima pietra del Fila


LA SECONDA PRIMA PIETRA DEL FILA

Valentino Mazzola guida i suoi ai Filadelfia
17 ottobre 1926 – Sono le 3 del pomeriggio, il signor Trezzi della sezione di Milano si sta apprestando a fischiare l’inizio della terza giornata del campionato italiano di calcio 1926/27. Sul campo di Via Filadelfia 36 si stanno per affrontare il Torino Calcio e la Fortitudo Roma del campione del Mondo Attilio Ferraris. E’ la prima partita ufficiale su quel terreno di gioco. Il presidente dei granata Enrico Marone Cinzano può godersi lo spettacolo e accogliere sugli spalti il principe Umberto II e la principessa Maria Adelaide. L’ingegnere Miro Gamba, docente al Politecnico, è soddisfatto del suo operato e dei cinque mesi di lavoro che ci sono voluti. L’arcivescovo di Torino porta il suo stesso cognome, ma non è suo parente. Monsignor Gamba benedice il campo e si può cominciare. Il match è equilibrato, ci voglio 70’ per sbloccarlo. Ci pensa Gino Rossetti, poi il Toro segna con una costanza aritmetica. Ogni 5 minuti vengono scanditi dal metronomo realizzativo di Julio Libonatti che ne fa altri 3. Al termine della stagione la Fortitudo Roma verrà sciolta e dalle sue ceneri nascerà l’A.S. Roma, il Torino invece vincerà il suo primo scudetto, che verrà poi revocato per l’oscuro “caso Allemandi”. Gli autori di quei gol entreranno nella storia della società granata, Julio Libonatti e Gino Rossetti sono tutt’ora al secondo e al terzo posto nella classifica dei migliori cannonieri del Toro. Al primo posto c’è invece un brianzolo, che condurrà la squadra al settimo ed ultimo tricolore nel 1976, Paolo Pulici.

17 ottobre 2015 – Paolo Pulici entra al numero 36 di Via Filadelfia e, prendendo il microfono in mano, spiega con semplici parole l’essenzialità del luogo: «Chiedo di fare del nuovo Fila ciò che il Fila era: Una casa sempre aperta. Presidente, non chiudetelo ai tifosi! I miei compagni ed io le cose del Toro non le abbiamo imparate dai muri, ma dalle persone che venivano al Fila e ci spiegavano ci han fatto crescere». Ed il presidente attuale, Urbano Cairo, che tra tanta gente non si scorda di quel giorno di tanti anni fa e dice: «Rivogliamo l’ottavo scudetto toltoci nel ’27, faremo di tutto per riavere quel titolo ingiustamente annullato».


I lavori per ristrutturare il Fila sono iniziati, la prima pietra è stata poggiata, e la seconda inaugurazione è prevista per il 17 ottobre 2016, giorno in cui il vecchio impianto compirà 90 anni. Sarà un centro di allenamento con annesso museo. Qui giocò il Grande Torino, le qui gesta sono diventate mito. La prima squadra non vi disputata partite ufficiali dal 1963, ma fino a metà degli anni ’90 i granata vi si allenarono. Poi la demolizione avvenuta nel 1997. Dopo vari fallimenti, ora ci siamo! Un nuovo ciclo avrà inizio, storia e leggenda torneranno a fondersi. Il tutto al numero civico 36 di Via Filadelfia. 

giovedì 15 ottobre 2015

A spasso nel regno del Fungo Porcino - parte 2



A spasso nel regno del Fungo Porcino

Giaveno, centro della Val Sangone
-seconda parte-


Giaveno. E che dire delle tante iniziative che animano la meravigliosa cittadina, culla della Val Sangone? Tra le altre manifestazioni è bene soffermarsi su quelle dedicate al vero simbolo di Giaveno, il Fungo Porcino. La cittadina è nota per essere la capitale del fungo, protagonista dei boschi circostanti. In stagione è presente quotidianamente il mercato dei funghi dove i ‘Boulajour’ propongono sulle bancarelle il frutto della loro ricerca. Al fungo, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre vengono dedicate due manifestazioni, il ‘Fungo in festa’ e il concorso enogastronomico ‘Fungo d’oro’ in cui vengono proposte iniziative a tavola, spettacoli, premiazioni dei ricercatori e mostre micologiche.

Altri importanti appuntamenti nel panorama giavenese sono il ‘Mercatino delle pulci e dell’antiquariato’ che si  snoda ogni quarta domenica del mese per le vie del centro, ‘Maggionatura’, mostra-mercato del naturale e dei prodotti artigianali, ’Cascine aperte’ occasione in cui viene data la possibilità di visitare le cascine e i laboratori da cui nascono i favolosi formaggi locali, la ‘Rievocazione Storica’ del gruppo Ottone III, dove per due giorni le vie del centro storico sono catapultate indietro di oltre mille anni, la ‘Città del buon pane’, iniziativa che si tiene a settembre e dedicata alla panificazione e per ultimo è bene ricordare il colorato e vivace mercato del sabato mattina.

Il nostro itinerario può a questo punto spaziare verso altri luoghi, luoghi che ci portano a realtà diverse, quelle centinaia di piccole realtà che sorgono intorno al Paese. Tante sono infatti le borgate di Giaveno, alcune ormai abbandonate, altre, le più grandi, ancora bacino importante per la collettività e testimonianza storica e culturale di uno sviluppo che negli anni non si è concentrato solo ed esclusivamente sul capoluogo.
Tra queste meritano una visita borgata ‘Villa’ dove tutt’ora è visibile una casa-fortezza del 1290 conosciuta come ‘Arco delle Streghe’ a causa delle urla e dei lamenti che i valligiani avrebbero sentito provenire dalla torre.  Da ammirare inoltre, sempre nella medesima borgata, il ‘Santuario della Madonna del Bussone’. In frazione Selvaggio la ‘Lourdes delle Prealpi’ è il simbolo e centro dell’intera borgata, mentre in borgata ‘Sala’ sorge lo storico Castello degli Albezi (XIII secolo) ora residenza privata.

Giaveno è dunque meta ricca di decine di attrattive e possibilità sia dal punto di vista storico-culturale, sia dal punto di vista gastronomico,dove trascorrere una o più giornate fra shopping, feste e natura e dove godersi il verde che copioso circonda la città con passeggiate ed escursioni a piedi o in bicicletta.
Il ricordo che se ne avrà, sarà quello di una cittadina adagiata ai piedi dei monti, capace di trasmettere arte, cultura territoriale, ma anche relax e serenità.

E una volta lasciato il centro, mentre torniamo verso le nostre case, è bene voltare lo sguardo ancora una volta e rimanere incantati di fronte a quelle maestose, immobili e silenziose montagne che fanno da cornice a questa cittadina ‘capitale del fungo’ nella splendida e suggestiva Val Sangone.   

lunedì 12 ottobre 2015

La legge del fungo

La notizia del lunedì sera

LA LEGGE DEL FUNGO

Sempre più impavidi raccoglitori improvvisati si pentono di non essersi fatti consigliare da qualcuno che ne sa più di loro

Un muratore romeno di 54 anni residente nel torinese, è stato sottoposto a un trapianto di fegato all’Ospedale Molinette di Torino, dopo aver ingerito un imprecisato quantitativo del velenosissimo fungo Amanita Falloide. Nel corso della settimana scorsa poi un’intera famiglia formata da sette componenti, sempre di origine romena, è rimasta in osservazione dopo aver pranzato con un risotto a funghi, raccolti per conto proprio al Parco della Maddalena. La più piccola di loro ha 7 anni.

Dopo questa ennesima notizia all’apertura della stagione dei funghi, c’è da chiedersi quanto ancora la gente possa continuare ad essere così superficiale su un prodotto così rischioso se non conosciuto. Perché lasciato il posto al momento di doveroso rispetto che la mancanza di salute deve avere, c’è da prendere atto della totale idiozia delle persone coinvolte nel fatto, niente di più.

Si tratta di conoscenza. Se si vuole andare a funghi bisogna farlo le prime volte con qualcuno che sia esperto. Come si può solamente pensare di raccoglierli così, in base al colore, al profumo, all’aspetto? I nostri boschi, e non solo, brulicano (anche se a quanto pare questa annata non ha regalato grandi soddisfazioni) di funghi commestibili e straordinari. A partire dalla più comune Armillariella Mellea, i chiodini parlando semplice, o meglio ancora dire le famiòle. I porcini, re incontrastati dei boschi, e poi ancora il Leccinum aurantiacum (la crava rossa o nera) e la Romaria aurea (la manina dorata).

Serve la cultura del fungo. L’improvvisazione, o meglio la stoltezza, porta problemi gravi. E servono poi anche 30€. Già perché questo è il costo della tessera per la raccolta. Perché se non bastasse l’imprudenza della gente ci si mette anche la follia delle istituzioni. Per raccogliere i frutti di madre natura in zone pubbliche occorre pagare. Qualcuno ha pensato a quanti boschi sarebbero più battuti e meno lasciati a loro stessi nella sporcizia senza questa tassa/fesseria? Figuriamoci…

Non resta che appellarsi al buon senso delle persone che frequentano i terreni boschivi, e fortunatamente in Piemonte sono ancora in molti che ce l’hanno, e sperare che queste istruiscano le altre. Per le istituzioni invece dispiace, non c’è più niente da fare.

Armillariella Mellea (chiodini, famiòla)
Leccinum aurantiacum (crava rossa)
Porcino
Romaria aurea (manina dorata)

giovedì 8 ottobre 2015

A spasso nel regno del fungo porcino



A spasso nel regno del Fungo Porcino

Giaveno, centro della Val Sangone


Maestose. Non c’è altro modo per definirle. E anche se molte volte provenendo da Torino e dirigendosi verso le Valli Olimpiche, le uniche vette che si conoscono rispondono al nome di ‘Musinè’ e ‘Rocciamelone’, e gli occhi possono spaziare, nelle giornate limpide verso ovest delineando con lo sguardo il Monviso, lo scenario che si spalanca dinnanzi a noi salendo da Avigliana o da Trana è qualcosa di meraviglioso, unico, magico.
La catena montuosa che ‘abbraccia’ la Val Sangone dal Monte Freidour fino al Colle Braida, imbocco della vicina Valle di Susa, è composta da montagne straordinarie sia dal punto di vista paesaggistico che escursionistico. Il Monte Rocciavrè, il ‘Robinet’, la ‘Punta dell’Aquila’ solo per citarne alcuni sono un patrimonio importante, da tutelare e da raccontare, delle Alpi Cozie.
E proprio qua, in questo ‘fiabesco’ contesto, nel cuore della Val Sangone, sorge una cittadina, capoluogo della valle che negli anni ha avuto un considerevole incremento demografico dovuto all’ottima qualità della vita e alla sua strategica posizione nel contesto locale.
Giaveno con i suoi oltre quindicimila abitanti ha origini molto antiche, anno cruciale per la sua storia è il 1103 quando il Conte Umberto II diMoriana-Savoia dona questo territorio alla vicina Abbazia di San Michele. Ma è soprattutto nel corso del ‘700, grazie ad una consistente attività produttiva e commerciale che il paese conosce un periodo di fiorente sviluppo.

Oggi Giaveno, oltre ad essere un ottimo punto di partenza per passeggiate ed escursioni di uno o più giorni sulle montagne circostanti, permette al visitatore di scoprire, passeggiando per le sue vie, angoli nascosti e solitari di una cittadina che nel passato è stata insignita della Medaglia d’Argento al Valore Militare per la sua lotta partigiana durante la Seconda Guerra Mondiale.
Piazza San Lorenzo ne è il cuore nevralgico, con la Colleggiata iniziata a costruire a partire dall’anno 1622. La Chiesa di San Lorenzo offre un bellissimo portone d’ingresso scolpito con decorazioni floreali, mentre internamente da ammirare la Cappella del Battistero, dove troviamo l’opera pittorica di Alessandro Trono, che raffigura Gesù Cristo nel gesto di offrire le chiavi a San Pietro, la cappella dei Re Magi in cui è possibile vedere la pregevole pala d’altare ed infine l’area absidale che custodisce un dipinto di Joseph Ouvertus raffigurante San Lorenzo e sul fondale paesaggi del Borgo Medievale e dell’antico Castello Abbaziale.

Di fronte alla Collegiata sorge il grande Campanile, conosciuto anche come ‘Torre degli Orologi’, terminato di costruire nel 1748 poco dopo la Pace di Acquisgrana. Dalla piazza prende vita l’arteria principale del Paese, Via Roma, dove sono ancora visibili tre delle antiche torri della cinta muraria.
Si giunge quindi al monumento simbolo di Giaveno, il ‘Mascherone’, fontana che si trova in Piazza Papa Giovanni XXIII raffigurante una maschera grottesca dalla cui bocca zampilla acqua, opera realizzata nel 1622 dall’artista Giacomo Fontana. Da qui si ha accesso al Parco Storico di Palazzo Marchini, che ospita piante secolari, la Fontana della Venere, statua raffigurante la divinità greca, scolpita nel 1910 e riportata agli antichi splendori nella seconda metà degli anni ’90 e soprattutto Palazzo Marchini, oggi sede del comune, tipico esempio di Palazzo Rinascimentale costruito nel quattrocento per volere della casata dei Molines.

Non resta che perdersi per le stradine del centro storico verso Piazza San Rocco con la sua Chiesa e il luogo della ‘Gogna’, Piazza Sclopis, la cosiddetta piazza ‘del pozzo’ attorniata da bei palazzi fino a giungere, passeggiando su Via Umberto I, alla Chiesa della Confraternita del Gesù, nota anche come Chiesa dei Batù, ovvero dei ‘flagellanti’, il luogo di culto più antico di Giaveno, risalente al 1576. In questo tempio alla struttura generale dai tratti classici e sobri si accavallano gli accenti più stravaganti delle tipiche decorazioni di gusto barocco. La particolarità inoltre di questo luogo è quella da una parte di custodire al suo interno gli arredi originali, tra i quali spicca il pregiato organo risalente alla fine del XVIII secolo, dall’altra l’eccellente acustica degli ambienti che permettono  di dare vita all’ormai trentennale manifestazione ‘I Concerti della Chiesa dei Batù’, con raffinate e ricercate proposte di musica classica e Jazz.

Fine Prima Parte

lunedì 5 ottobre 2015

Si sale in carrozza...per partire!


SI SALE IN CARROZZA… PER PARTIRE!

Il viaggio non finisce mai.
Nasce chiuso tra quattro mura,
tra idee, mappe, nomi impronunciabili, sogni da vivere.
Si libera poi in strade, più o meno percorribili, colori, odori, confusione,
attimi di gioia e attimi di sconforto,
di energia e di stanchezza,
di pienezza e di solitudine.
Stanchi passi che si trasformano in ricordi,
vivono di vita propria tra pagine di appunti, foto, scontrini sbiaditi,
immagini  di volti, di paesaggi attraversati,
di luoghi in cui si è sostati anche solo per qualche ora,
ma che rimangono indelebili nelle nostre menti.
Per tutto questo è impossibile liberarsi da qualsiasi viaggio che si è fatto!


Siete pronti a salire in carrozza? E’ il momento di partire, ora… per dove? Non importa!L’importate è lasciarsi andare, trasportare, condurre, consigliare. Scandite il tempo, il vostro tempo con battiti di vita fatti di passi su strade che non conoscete, di cui neavete sentito narrare storie ed epiche imprese. Vivete della semplicità che vi è stata donata anche vicino a casa vostra. Noi possiamo essere la vera impresa del domani, diffondendo idee, sapere, portando a conoscenza del nostro vicino diincantevoli luoghi troppo spesso bistrattati o luoghi arrestati dalla nostra instancabile pigrizia.
Si riparte. Per la terza stagione. Non ci vedete? Siamo fermi ad ogni stazione, ad ogni fermata di bus, nei vostri garage dove custodite gelosamente biciclette, moto, auto. Siamo vicini a voi quando deciderete che la giornata è quella giusta per passeggiare ed ascoltando il sussurro del nostro racconto sarete pronti per una camminata che speriamo possa essere allo stesso tempo rilassante ed istruttiva.
Nasce da qua la nostra avventura: far conoscere il nostro territorio, invogliare la gente, portare un po’ di cultura, con i nostri limiti, nelle case di ognuno di voi. Null’altro! Niente complicazioni, solo piccoli sogni che noi, prima di voi, abbiamo potuto vivere e ve ne vogliamo parlare… Perché mai come oggi c’è la voglia di riappropriarsi del proprio tempo, dei propri spazi e delle proprie vitali necessità, che talvolta sono dietro l’angolo!
Dove andremo quest’anno? Come sempre… un po’ dappertutto. Vi porteremo dentro lussuosi castelli e in quelli abbandonati nel tempo, per vie maestre e per strade sconosciute, ma che meritano attenzione, su montagne innevate e creste da cui d’estate vi sentirete padroni di questa terra, in borghi medievali e periferie riqualificate in un’epoca post moderna ancora tutta da scoprire e poi tanto e tanto altro ancora…
Allora… siete pronti a salire in carrozza? Speriamo di sì… perché è proprio venuto il momento di ripartire!!!


Buon Viaggio a Tutti Voi!