mercoledì 17 dicembre 2014

La magia del presepe



LA MAGIA DEL PRESEPE


Danzano le luci in cielo. Una musica si fa più viva. Aumenta di volume. Ti avvolge. T’insegue. E’ meraviglia, la fine di un’attesa, un sogno aspettato un anno. Ogni anno, eccolo, questo periodo che emoziona, diverte. Quell’atmosfera che ti prende per mano e che ti fa attraversare nuove vie, rende palazzi fino ad allora mai considerati lucenti armonie di vita. Anche tu sei migliore, o almeno credi di esserlo, perché il Natale riesce finalmente a strapparti quel sorriso privo di ansie, patemi quotidiani. Sei tu, solo con quella spensieratezza che ti riporta ad un’età fanciullesca, di quando eri bambino e attendevi il giorno del 25 dicembre per spacchettare i tuoi regali, mostrarli ai parenti che quel giorno sarebbero venuti a trovarti. Che magica magia… il Natale!

Poi cresci, la sostanza non cambia, anche se cerchi di essere più pacato in quei modi che vorresti far esplodere. Ma ci sono anche altre cose ora che ti attraggono, come ad esempio a me, a cui piace soffermarmi nel periodo dell’Avvento davanti ad un presepe ed ammirare ogni statuina, movimento, capanna, sfondo. Mi danno allegria. E passeggiando per le strade del capoluogo difficile è non imbattersi negli ultimi anni nel presepe meccanico della Santissima Trinità o nel meraviglioso presepe di Luzzati di Piazza Castello. E poi come sempre c’è la curiosità e anche talvolta la fortuna che ti portano ad imbatterti in presepi nascosti in qualche abitazione privata, presepi che voglio essere scoperti, anche se da una parte chi li ha allestiti è un po’ geloso della sua opera. E poi come dimenticare i presepi creati per l’occasione nelle Chiese di paesini lontani, penso a quello da me visitato in anni recenti nel Santuario di Graglia, in provincia di Biella, dove usciti da quel luogo di culto, le bianche montagne intorno creavano un’atmosfera unica!


Rappresentazioni, mondi vicini di storie lontane nel tempo. Come quella del presepio. Furono già gli evangelisti Luca e Matteo a descrivere la natività, avvenuta al tempo di Erode.Quella rappresentazione in cui nella terra del re Davide nacque il Salvatore. Quella rappresentazione che solo in epoca medievale prenderà il nome di presepio, ovvero ‘recinto’ chiuso, dove venivano custoditi gli animali, ma anche ‘mangiatoia’, dal latino praesaepe, ovvero greppia.
Oggi tantissime sono le ricostruzioni della natività di Gesù Cristo, ogni Paese, Regione d’Italia ha il suo particolare presepe. Perché proprio nel nostro paese San Francesco d’Assisi, nel 1223 realizzò a Greggio (non il paese in provincia di Vercelli, bensì nel Lazio) la prima rappresentazione vivente della Natività.

E ancora oggi non mancano sotto il periodo natalizio, talvolta la sera stessa del 24 dicembre, presepi viventi che ci deliziano e ci conducono con uno spirito ancora diverso verso quella festa che deve essere di pace e di speranza.
Pace e speranza,vado cercando in questo momento dell’anno e ammirando personaggi a grandezza naturale o piccole statuine lavorate, mi tuffo in un universo fatto di piccole magie, proprio come quella che il presepe, ancora oggi, a distanza di secoli, rappresenta. Magia che rende questo periodo come sempre così speciale e unico. Quindi, anche questa volta godetevi l’attimo e ammirate più presepi possibili. In fondosono piccoli, ma salutari e incredibili meraviglie!



mercoledì 10 dicembre 2014

Ingria: una gemma in Val Soana


INGRIA: UNA GEMMA IN VAL SOANA


Salendo per la Val Soana piove a dirotto. L’acqua non cessa di venire giù nemmeno quando arriviamo al primo comune conosciuto: Ingria. Le precipitazioni sono fitte e costanti, ma il paesaggio ci affascina e quindi decidiamo di scendere dalla macchina per dare un’ occhiata. Mai scelta fu più azzeccata.

Ingria è uno dei comuni meno popolosi d’Italia con i suoi 46 abitanti. La popolazione ha abbandonato questo piccolo paesino durante il ventesimo secolo. All’inizio del novecento infatti Ingria poteva contare su quasi 2000 abitanti. Un dato che non trova paragoni negli oltre ottomila centri del nostro paese. Come in tutti i paesini di montagna, la gente ha deciso, ma forse più che deciso sarebbe meglio dire dovuto, emigrare verso Torino o comunque verso i comuni più a valle.

Ma Ingria non può e non deve essere messa a confronto con gli altri paesini montanari. No, perché Ingria è ancora vitale, molto lontana dal voler arrendersi ad una realtà ordinata dall’urbanizzazione. Le 46 anime che popolano questo posto sono ancora attive, e paiono essersi strette una a fianco dell’altra vicino alla piazza principale dove c’è la sede del municipio e la Chiesa di San Giacomo, costruita nel seicento e diventata parrocchia nel 1708.


Attorno a questo piazzale tutto è fiorito. Alcuni fiori sono protetti anche ironicamente da ombrelli con la scritta “Ingria c’è”, giusto a voler riassumere perfettamente lo spirito di questa comunità. Nonostante le nemmeno 50 unità è presente una Pro Loco, ma anche i bambini non sono abbandonati a loro stessi grazie alla presenza di un piccolo parco giochi. Il monumento ai caduti funge da ponte tra il passato e uno sguardo che volge al futuro. Si vedono molti monumenti di questo tipo in giro per il nostro paese, ma in pochi come questo riescono a rendere giustizia alla memoria dei martiri della libertà.
Ingria fu feudo dei conti di Valperga, come riportato dai primi documenti storici risalenti al XI secolo, prendendo parte alla rivolta dei turchini. Gli ingriesi, così vengono chiamati i nativi del luogo, resistettero eroicamente agli assalti dei soldati del duca di Savoia per quattro anni prima di venire sconfitti nel 1435.

Tra le altre cose la municipalità è stata premiata dall’ASPROFLOR come “Comune Fiorito” aggiudicandosi tre fiori su un totale di quattro. Anche se ammirando il paesaggio di Ingria c’è da chiedersi cosa si aspetti a proporre la massima votazione arrivando così al pari di altri comuni quali Avigliana, Claviere, Usseux e Villar Pellice.
Le escursioni sono un punto di attrattiva molto valido, dal centro e dalle frazioni del comune si possono raggiungere vette come il Monte Loit o il Mombianco, ma molte altre sono citate nel sito del municipio. Senza dimenticare eventi consolidati negli anni come l’Ingria Woodstock Festival, per festeggiare in giugno gli anni del rock psichedelico o la Sagra della polenta in settembre.


Ingria ha mille risorse ed è un luogo consigliabile per chiunque, senza distinzione di età. Quindi: escursionisti desiderosi di esplorare cime nuove, famiglie che volete portare i vostri figli a respirare l’aria di montagna, appassionati di rock’n’roll e di sane abbuffate, ma anche scrittori in cerca della giusta ispirazione ascoltate le nostre parole, recatevi in questo piccolo scorcio della Val Soana e non ne rimarrete delusi perché Ingria c’è.

mercoledì 3 dicembre 2014

La Real Chiesa di San Lorenzo



LA REAL CHIESA DI SAN LORENZO



Dove
La più bella. La più affascinante. Quasi nascosta in quell’immensità di monumenti che dire meravigliosi, è dir poco. Eppure, qualsiasi sia la direzione da cui si arriva, San Lorenzo rimane timidamente assorta, chiusa in quel suo capolavoro barocco che solo entrando si può ammirare.  La Chiesa si trova in una delle più belle piazze piemontesi, quella piazza Castello di Torino, da cui un tempo dipartiva la via maestra romana (l’attuale Via Garibaldi). San Lorenzo si può scorgere solo per quella immensa e suggestiva cupola che indica a suo modo la Cattedrale di San Giovanni Battista e quindi la Sindone, simbolo della cristianità. Si trova su quella Piazza in cui si affaccianoPalazzo Madama, Armeria Reale, Palazzo Reale!

Descrizione e Storia
E se la Consolata è considerata la Chiesa più amata dai torinesi, il Duomo la più importante, per via della custodia della Sindone, San Lorenzo forse la più bella. Voluta da Emanuele Filiberto a seguito della vittoria nella battaglia di Saint-Quentin del 1557, nella Fiandre a seguito di un voto da lui stesso formulato, la costruzione fu affidata a Guarino Guarini, architetto e sacerdote modenese. Un primo nucleo in realtà esisteva di già, la Chiesa di S. Maria del Presepe, ma Emanuele Filiberto aveva voluto fare le cose in grande  e dedicare un edificio di culto a San Lorenzo, proprio perché la sua battaglia era stata vinta il 10 agosto, giorno in cui si festeggia il santo in questione.
Sarà lo stesso Guarino Guarini a celebrare la prima messa a San Lorenzo, l’11 maggio 1680, dopo oltre 10 anni di lavori.

Perché andarci
La bellezza all’interno è qualcosa di sbalorditivo. La cupola considerata il capolavoro per eccellenza del barocco del Guarini. L’interno è a pianta centrale, con otto lati convessi che si aprono sulle cappelle concave degli altari laterali. Al disopra di quattro pennacchi corre una galleria su cui si affacciano otto finestre ovali intercalate da otto pilastri dai quali dipartono i costoloni della volta. Questi incrociandosi formano una stella a 8 punte e sull’ottagono regolare che si forma si erge la lanterna. 8, numero simbolico, che indica l’ottavo giorno, ovvero quello dell’infinito. Decine sono i simboli che si trovano all’interno della Chiesa, alcuni addirittura si dice siano legati alla massoneria torinese, di cui lo stesso Guarini faceva parte.

Curiosità
Ma come è possibile che una Chiesa con un interno così incredibile, che contiene gioielli, tesori, una cupola unica al mondo, all’esterno si presenti sobria, senza particolari apparenze che farebbero San Lorenzo, nel suo complesso, una delle meraviglie del mondo? Beh, la risposta parrebbe molto semplice. La costruzione di una vera e propria facciata avrebbe rovinato le simmetrie di Piazza Castello. Un peccato, forse, o una scelta azzeccata. Sta di fatto che in quella sua quasi incompiutezza, San Lorenzo va scoperta e amata e perché no, una volta entrati, contemplata e osservata in tutti i suoi angoli con le sue mille sfumature e soprattutto le sue luci e i suoi colori.