mercoledì 25 febbraio 2015

Quella spolverata di bianco sul Battistero di Biella



QUELLA SPOLVERATA DI BIANCO SUL BATTISTERO DI BIELLA


dove

Non esiste parcheggio gratis. Ormai le zone blu nascono come funghi, una volta solo in città, oggi ormai un po’ dappertutto, come se fosse diventata una giusta consuetudine quella di far pagare la sosta nelle principali piazze italiane. Una moda, una cattiva moda arrivata in ogni angolo, anche della nostra Regione.Ma è anche da una sosta in un parcheggio blu che possono dipartire le nostre avventure. Questa storia inizia proprio in uno di questi parcheggi, in una fredda sera di dicembre, quando la fioca neve scendeva lenta sullamia testa e Biella era un punto inconfondibile, illuminata a festa.Quelle feste che uno non vorrebbe mai finissero perché stare a casa al caldo è bello, stare con amici e parenti, talvolta salutare e la vita lavorativa è lontana alcune settimane. Ed è proprio in uno di questi giorni, avvolto da un’atmosfera irreale e magicamente festosa che sono arrivato in questa piccola cittadina piemontese a me sconosciuta. Una passeggiata per le vie del centro, commerciali e storiche, un caffè caldo in un bar ed infine un ritorno verso la mia auto, parcheggiata ovviamente sulle strisce blu.

descrizione e storia
La retta via mi porta però ad una piazza, grande. Continua a nevicare. Alzo lo sguardo. Un monumento storico ben illuminato attira la mia attenzione. E’ ancora troppo lontano, mi avvicino. E’ un battistero, uno splendido battistero, una perla in questa bella piazza. Incastonato tra il Duomo e Palazzo Oropa, sede del comune.
Simbolo e monumento più famoso di Biella, il Battistero è dedicato a San Giovanni Battista. Di epocapre-romana e costruito su un già preesistente sepolcreto pagano nel IX secolo. Ma non mi basta. E’ aperto ed entro. Alcuni affreschi sulle pareti mi incuriosiscono, si tratta di affreschi risalenti al XIV secolo e attribuiti al Maestro di Oropa, anonimo pittore vissuto in queste zone, tra il canavese e il biellese, proprio nel ‘300. Oltre agli affreschi non molto altro, ma quella semplicità e quel silenzio mi fanno stare bene.

perché andarci
L’edificio è stato costruito con ciottoli a spina di pesce, come il vicino Ricetto di Candelo, che poche ore prima ho avuto modo di visitare e con laterizi romani. Forse troppo poco conosciute sono queste zone del Biellese. In un giorno ho scoperto una dopo l’altra Candelo, Biella, Oropa, Graglia, nomi che fino a poche ore prima non erano sul mio taccuino di viaggiatore, ma che da allora in poi lo sono state. Un itinerario non studiato, ma vissuto, trovato ed amato.

curiosità
Inoltre, sotto il livello del pavimento della piazza è dislocata una cripta, a croce greca. Solo alla fine del ‘700 è stata scavata, destinata a sepolcro per i vescovi della cittadina. Nello stesso anno in cui venne scavata la cripta, 1791, fu portata alla luce una lapide romana con il nome di Sesto Melio della tribù Pollia.
Rimango ancora qualche minuto, solo, in silenzio ad ammirare un’altra piccola storia da raccontare. Quando esco nevica decisamente di più. E’ ora di rientrare a casa, contento ancor una volta della mia piccola scoperta da vagabondo, ma con un ticket del parcheggio che sta per scadere e questa volta mi devo proprio affrettare…


mercoledì 11 febbraio 2015

La musica di Salza

…di paese in paese…


LA MUSICA DI SALZA


L’auto va dove ti porta lei. Le deviazioni sono all’ordine del giorno nella mia caotica vita. Così, dopo aver raggiunto e superato meravigliosamente la mia meta giornaliera, Prali e Ghigo sono state due belle conoscenze incontrate sulla mia strada, l’arrivo pinerolese può aspettare e inerpicarmi su viali montani secondari non può che farmi bene in questa giornata di inizio estate. Non conosco il luogo, la zona, il paesaggio dopo la prossima curva. Ma voglio meravigliarmi, esplodere di nuove emozioni dopo quelle già vissute.

Così, dopo poco mezz’ora giungo in un tardo pomeriggio di giugno, con il sole ancora in alto in cielo a Salza di Pinerolo. Ad accogliermi… nessuno. Non un’anima. Solo un bambino in lontananza sta giocando a palla con la sorellina, quasi indifferente all’arrivo di un forestiero. La sua costante calma sembra non essere turbata dal motore che si è appena fermato nella principale e piccola piazza del paesino. Innocuo, questa è la prima impressione che ho di Salza. Mi guardo intorno, ad attrarmi principalmente è l’immensa catena di monti che abbraccia questo piccolo luogo. Ma non è tutto qua, ne sono certo. Questa mia cocciutaggine nel non arrendermi, ad andare avanti mi permettono di non credere in quelle piccole apparenze che hai a prima vista quando incontri una persona, una situazione, un paese. La novità spaventa, ma è bella perché reale, nuova. Chiudo l’auto e mi dirigo oltre quella piazza che nasconde e custodisce i tesori di questo villaggio di mezza montagna. Ed è così. Pannelli mi trasportano e mi permettono di conoscere la storia di questo minuscolo comune di poco più di 70 abitanti della Val Germanasca.

L’acqua sgorga fresca da una fontana non distante dalla mia auto. Cerco frescura, nonostante in questa pazza estate il caldo non sia ancora arrivato del tutto. Lo sguardo però viene catturato. Un murales occupa l’intera parete di un’abitazione. Bello, penso. Qualcosa che distoglie lo sguardo dalla solita routine edilizia, seppur incantevole, di questi paesini. Originali i padroni di questa casa che hanno permesso questo immenso affresco. Il silenzio continua a regnare sovrano. Il murales sembra guardarmi, anche se raffigura, a primo impatto, una ragazza che guarda il mare. E’ ora di andare, ma appena mi volto un altro murales, e più nascosto un altro ancora e ancora un altro. Ma è pieno! Rimango un attimo allibito. Perché mai in un paese così piccolo dovrebbero esserci così tanti murales? Qual è il filo logico che lega tutti questi dipinti? Ma solo ora mi accorgo che vicino ad ogni disegno compare il titolo una canzone… ma certo ogni murales è una canzone… ‘Il mare d’inverno’, ‘Roxy bar’, ‘La gatta’. Torno al primo pannello informativo del comune, nella fretta non devo aver letto tutto, e così è. Trentadue, si trentadue sono i murales dislocati in tutto in centro e nelle borgate circostanti. Mi spetta una vera e propria caccia al tesoro che non vedo l’ora di cominciare. Ho voglia di giocare, di divertirmi, di ascoltare questa dolce musica rappresentata in un silenzio incredibile. E’ ora di ripartire, un mondo colorato mi aspetta ed io aspettavo lui. Sapevo che qualsiasi decisione, bizzarra o meno che sia, mi avrebbe portato da qualche parte! Sogno un mondo divertente e Salza di Pinerolo è un piccolo mondo a sé, divertente.

‘Piccolo paese, grandi concerti’. Questa frase campeggia all’inizio di un paragrafo del pannello che mi ha illuminato sui murales. Incredibile, ma alla fine degli anni ’90 a Salza si sono tenuti concerti di immensi artisti, Pierangelo Bertoli, nel 1988, 1700 paganti. Vecchioni, 1989, 2500 fans. Ruggeri, 1990, 3500 spettatori. Finardi, 1991, 3000. E poi è la volta nel 1992 di un giovane Luciano Ligabue! Per questo motivo il territorio è così legato alla musica ed ai suoi valori. Che bello sarebbe un giorno riprendere quel discorso, far arrivare nuovi artisti, cantanti, nuove emozionanti serate come tanti anni fa.

Per il momento l’unica cosa da fare è alzarsi dal divano e organizzare una gita fuori porta a Salza, luogo in cui adulti e bambini possono vivere insieme una giornata colorata, canterina e estremamente folk!

mercoledì 4 febbraio 2015

Teatro romano di Aosta



TEATRO ROMANO DI AOSTA


Quanto tempo è passato. Ero bambino quando i miei mi portarono per la prima volta ad Aosta. Mi raccontavano di una cittadina ricca di storia ed io, anche se ora non ricordo, proprio perché troppo piccolo, sono sicuro di esserci andato con la giusta curiosità di chi sa che sta per varcare i confini della sua regione e simbolicamente avvicinarsi ad un altro piccolo mondo da scoprire.
Poi anni. Anni che diventano decenni. Aosta rimane una piccola cittadina ricca di storia a oltre cento chilometri da casa, distante non tanto in termini chilometrici, quanto di prospettive giovanili che hanno portato i miei passi verso la city, a lidi marittimi, trasportato da amici e compagni di avventure adolescenziali.

Poi il lavoro che mi fa rimettere in moto, curiosare, viaggiare, conoscere. E’ un caso. Destinazione Valle d’Aosta. Un caso che colgo al volo. Ore in uffici, officine, ore d’incontri, scontri, chiacchiere al vento. E poi la pausa, tanto amata pausa pranzo. E cosa c’è di meglio se non una passeggiata in quel centro cittadino, da cui sono mancato per quasi due decenni? (a parte una breve parentesi nel 2003 in occasione del raduno nazionale degli Alpini!)
Il tempo è poco, o meglio tiranno. Ma ho il giusto tempo per ammirare l’Arco di Augusto e poi dirigermi verso piazza Chanoux, attraversando la bella via Sant’Anselmo. Tanta gente in giro per le strade, giovani appena usciti dalle scuole, impiegati e operai intenti a consumare un buon pasto all’aria aperta prima di far rientro ai rispettivi doveri. E poi io, che osservo, i sorrisi delle persone, dei ragazzi e degli anziani che insieme a me camminano per queste strade antiche. Mi lascio trasportare come sempre dal regolare fluire dell’attimo, poi decido di entrare nell’ufficio turistico ancora aperto, dove posso ritirare la mia prima mappa di Aosta. No, non la scruto per molto, anche perché vengo attratto da alcune rovine romane che si nascondono proprio dietro la via che sto percorrendo, e non posso non avvicinarmi, entrare in questa piccola e meravigliosa area che sorge proprio qua! E’ incredibile! Bastano pochi minuti per innamorarmi ancora una volta di un posto. Mi guardo intorno. Sono solo. Il vociare della strada ha lasciato spazio a questo silenzio, quasi rispettoso del Teatro Romano di Aosta. Teatro che risale all’epoca dell’imperatore Claudio, 25 a.C. Mi siedo in un angolino. Mi connetto ad internet. Non c’è molto campo, ma voglio avere le giuste informazioni sul luogo in cui mi trovo.

Il teatro era costruito su di un’area di 81 metri di larghezza e 64 di lunghezza, si pensa che fosse dotato di una copertura, proprio come quello di Pompei. All’interno potevano starci circa 4.000 persone e l’orchestra del teatro aveva un raggio di 10 metri. Ci sono voluti molti secoli per riportare l’intera area alla luce, in particolar modo tra il 1933 e il 1941 vennero fatti ampi lavori di recupero e di restauro del teatro romano e poi in anni più recenti, quando nel 2008 furono effettuate attività di consolidamento della facciata monumentale e tre anni dopo con la costruzione di una struttura adiacente da cui si può ammirare il teatro in tutta la sua bellezza e che può ospitare attualmente circa un migliaio di persone.
Rimango ancora un attimo in silenzio, prima che il trambusto dovuto all’arrivo di una scolaresca mi riporti alla mia realtà e soprattutto al mio ritardo nel rientrare alla solita ma sempre più interessante routine che mi permette di viaggiare, pensare, sognare e riscoprire luoghi immergendomi in antiche storie passate…