giovedì 27 marzo 2014

Il Ricetto di Candelo





IL RICETTO DI CANDELO



E’ lunedì mattina, quando io e il resto della bella compagnia giungiamo al Ricetto di Candelo. Il lunedì non è forse il giorno che rende più giustizia a questo luogo, ed il fatto che sia fine anno non aiuta a visitarlo nel suo momento più vitale. Molti dei negozi sono infatti chiusi, ma noi non ci perdiamo d’animo ed il ricetto non nasconde alla nostra vista le sue attrazioni di maggior interesse. Innanzitutto c’è da sapere che un ricetto è una fortificazione di case (chiamate cellule) protette da mura, all’interno di una città. Quello di Candelo è uno dei più ben tenuti in Europa, il che contribuisce a rendere questo luogo del biellese, uno dei borghi più belli d’Italia! I ricetti non sono mai stati destinati ad abitazioni stabili, come ci accorgiamo addentrandoci per le strade, che qui sono chiamate rue, usando un francesismo. Oggi all’interno vengono ospitati, come detto, numerosi negozi, ma un tempo la fortezza veniva utilizzata per contenere il grano ed altri importanti beni.

C’è chi colloca la costruzione di questo posto attorno al X secolo d.C., ma quel che è certo, è che il tutto esisteva nel 1374, anno in cui i candelesi diedero il loro appoggio a Casa Savoia. Nel Ricetto spicca la torre ovest, fatta costruire e residenza del feudatario Sebastiano Ferrero, uno di quei signori che pretendeva il potere assoluto e che la popolazione locale non ha mai ‘digerito molto’. A testimonianza di ciò, nel carnevale che si svolge tra febbraio e marzo in questo borgo, viene fatta una rappresentazione che ricorda i contrasti tra il feudatario e il popolo.

Camminando lungo le rue attraversiamo numerose associazioni di caccia, di alpini, e botteghe, dove vengono venduti i prodotti tipici, come salami o come, soprattutto,formaggi biellesi molto buoni come appurato durante il pranzo. Tra i mercanti anche un simpatico liutaio, aperto anche il lunedì! Quindi ben disposto verso i visitatori, maggiormente quelli che hanno qualche pelo sul viso, visto l’eloquente cartello esposto, recitante: “bambini al guinzaglio”. Una giovane coppietta e un signore in ape car sono le uniche persone a farci compagnia durante la nostra permanenza nella struttura. Questo per certi versi rende l’atmosfera quasi spettrale!E non stupisce che il luogo sia stato set di un film di Dario Argento. Nel ricetto venne anche girata l’indimenticata serie “La freccia nera” con Arnoldo Foà e Loretta Goggi, e pochi anni fa anche il remake, con non ricordo chi, ma comunque meno fortunato e più dimenticato. Tutta roba seria dunque…anche se non è poi proprio così. 

Il ricetto ha ospitatoinfattianche cose più leggere, come la parodia de “I Promessi Sposi” del Trio. E l’umorismo del popolo candelese è confermato oltre che dall’ironico,‘o non tanto’, liutaio, da un cartello che ci riserva una massima da ricordare sempre: “Mejciuc che malavi”, meglio ubriachi che malati!

Il ricetto è in festa nel mese di gennaio, più precisamente nel giorno di Sant’Antonio, quando le rue ospitano una sfilata con carrettieri e cavalli. Mentre a maggio il ricetto si riempie di note, con una rassegna sulla musica classica.

Insomma, un misto di storia, spettralità, divertimento e leggerezza, per un luogo impossibile da non visitare.

giovedì 20 marzo 2014

La Torre civica di Mondovì






LA TORRE CIVICA DI MONDOVI'



Dove
Freneticamente viaggiamo nel nostro tempo, talvolta senza proprio accorgerci del tempo che passa, osservandolo con poca attenzione. La nostra quotidianità è fatta di abitudini esistenziali, stepacui non possiamo rinunciare nell’arco della giornata, momenti alti, che crollano nell’immediato sconforto che solo la nostra mente umana può raggiungere. Eppure il tempo è lì, che lentamente, inesorabile, senza nulla chiederci… scorre. Scorre in ogni attimo, secondo, decimo di secondo. Angosciante a volte, quella lancetta che si muove e muovendosi crea minuti, ore, giornate intere, anni, secoli, millenni.
Quante volte guardando il campanile di una chiesa abbiamo sorvolato su quel quadrante, quelle lancette che segnavano, appunto, il tempo. Ne abbiamo ammirato l’altezza, la composizione che creava assieme alla struttura ecclesiastica. Frugalmente guardavamo se quell’ora era avanti o indietro rispetto al nostro orologio al polso, al nostro cellulare, all’ora che il nostro display in auto segnava. Ma c’è un luogo, dove ciò non può accadere, dove i nostri occhi, la nostra testa, i nostri pensieri confluiscono su quello scorrere lento che qua diviene sapere e musica, lentezza e conoscenza. Questo luogo è Mondovì. Ma arrivati qua, dobbiamo inerpicarci, a piedi o più comodamente con la teleferica, nella parte alta e soprattutto storica di questa cittadina della provincia di Cuneo.

Descrizione e Storia
La Torre Civica è simbolo della città e si trova negli omonimi giardini del rione posto sulla sommità della collina. Da valle possiamo scorgere questa incantevole torre che domina la pianura sottostante e che è stata costruita tra il XIII e il XIV secolo, inizialmente come campanile della chiesa di Sant’Andrea, in seguito andata distrutta.
Con i suoi quasi trenta metri di altezza (29,10 per l’esattezza), tutt’ora visitabile, la Torre Civica di Mondovì venne utilizzata nel 1762 da Giovanni Battista Beccaria come punto trigonometrico per la determinazione della lunghezza di un arco meridiano in Piemonte.
Ma è l’orologio ad una sola lancetta la particolarità di questa torre, a cui non siamo abituati, che la differenzia da tutto ciò che fino ad ora avevamo visto…

Perché andarci
Ed oltre al fascino esteriore, è l’interno che attira la curiosità del visitatore. Qua sono ospitate diverse sezioni espositive che ripercorrono la storia degli orologi, da quelli elettronici a quelli elettrici e meccanici.Sono proprio loro, gli orologi, i protagonisti della Torre, quel tempo di cui poc’anzi parlavamo. Salendo verso la punta della Torre faremo un viaggio nel tempo e nella storia degli orologi. Decine, tutti ancora funzionanti. Il tutto fa parte del percorso tematico Parco del Tempo.

Curiosità
E poi c’è lui, l’orologio per eccellenza. La salita ci permette di scoprire tra gli ingranaggi, l’originale orologio a lancetta unica ideata nel 1859. Grazie a una geniale intuizione questo orologio si muove su ognuno dei quattro lati della torre, tutti e quattro i quadranti ad una lancetta singola appunto, lunga addirittura due metri.
Abbandonata la struttura non ci resta che discendere e soffermarci sulla vita circostante, su quelle langhe e su quei monti che da qua in una bella giornata di sole sono visibili, creando uno spettacolare panorama a trecentosessanta gradi che ci fa rimanere a bocca aperta, senza parole e concedendoci un attimo di silenzio, possiamo finalmente fermare quel tempo che ora lascia spazio a cotanta reale bellezza….

giovedì 13 marzo 2014

ll Santuario di Graglia





IL SANTUARIO DI GRAGLIA E I SUOI QUATTROCENTO ANNI



Dove
Quattrocento candeline! Tanti sono gli anni passati da quando nel 1615 Don Nicolao Velotti pensò di erigere sui colli di Graglia, località da cui si domina Biella e gran parte della sua provincia, un Sacro Monte chiamato ‘Novella Gerusalemme ossia Palestina del Piemonte detta di San Carlo’. Il progetto era tutt’altro che semplice, ma assai interessante e importante, quello di costruire ben cento cappelle raffiguranti la storia sacra da Adamo all’Ascensione di Gesù in cielo.

Descrizione e Storia
L’anno dopo iniziarono i lavori. Quel progetto tanto desiderato, quell’idea tanto suggestiva stava prendendo forma, la speranza si stava trasformando in realtà, quando in poco tempo la prima grande Chiesa dedicata a San Grato e San Carlo Borromeo (Colle San Carlo) venne costruita. Lungo il pendio sorsero le prime sei cappelle. Altre furono costruite più a valle, tra cui una sorse sul colle della Divina Bontà dedicata alla Vergine Maria, la Santa Casa di Loreto. Venuto a mancare l’ideatore del primo progetto, il suo successore, don NicolaoGarrono, trovando scomodo inerpicarsi su per il colle, soprattutto nel periodo invernale, decise di costruire una cappella poco fuori l’abitato di Graglia. Passarono alcuni anni prima che don Agostino Dal Pozzo riprese in mano il progetto originale. Ma nel frattempo i tempi erano cambiati, guerra, carestia e peste si erano abbattute anche sul territorio piemontese. La decisione fu quella allora di abbandonare le 100 cappelle e di concentrare ogni sforzo sulla Casa di Loreto, luogo di pellegrinaggio, devozione e soprattutto di numerose grazie ottenute dai fedeli che qui accorrevano.
Inizio così la costruzione di un grande Santuario, capace di accogliere sotto la sua cupola la Casa di Loreto ed una serie di caseggiati disposti a forma di chiostro per ospitare i pellegrini.
I lavori attraversarono altri periodi scuri, di carestie e di scarso denaro, per tutto il settecento. A partire dal 1760, sotto la provvidenziale guida di Don Gastaldi i lavori proseguirono fino alla sua morte, avvenuta in modo tragica per una caduta da un’impalcatura mentre stava lavorando ad una nuova cappella collocata nel presbiterio.

Oggi
La Visita al Santuario di Graglia oggi inizia dalla Basilica con la sua cupola ottagonale decorata dal Galliari nel 1870. Di notevole pregio risulta essere il quadro del pittore Picinardi del 1785 raffigurante il ‘Transito di S. Giuseppe’ e posto proprio sopra l’altare. Quest’ultimo ideato dal gragliese Perratone e intagliato in marmo dal maestro Catella di Lugano. Inoltre la Cappella degli Esercizi è ricca di affreschi prospettici del XVIII secolo.
All’esterno della Chiesa, poi, non possono passare inosservate le due meridiane artistiche e il pregevole ‘burnel’ in pietra (fontana)

Curiosità
Ma la vera chicca del Santuario è lo splendido organo opera di Carlo Bossi, del 1839, uno dei migliori conservati e più belli della regione.
Ed infine un consiglio per tutti, per i veri amanti del viaggio e del viaggiare. Non tornate indietro dalla strada principale, ma prendete la stretta e spettacolare via panoramica che prosegue verso nord, attraversando il famoso stabilimento della Laureatana, il tempio buddista, la storica chiesa di San Carlo. Verremo condotti in luoghi isolati, solitari, da cui si può ammirare il mondo sottostante e dove la vista si può perdere nell’orizzonte sconfinato che da Biella si allarga fino alla pianura piemontese. E per concludere il nostro odierno percorso di fede, la strada ci porta sino al vicino, accogliente ed incredibile … Santuario di Oropa! Ma questa è un’altra storia…

giovedì 6 marzo 2014

Quella rocca che guarda il Po





QUELLA ROCCA CHE GUARDA IL PO



Dove
Delineare il corso del fiume e con la vista seguire quell’enorme bacino d’acqua che dai monti si adagia su questa pianura che lentamente diventa sempre più regolare. E loro laggiù… che attendono. Saranno 30.000, forse qualcuno in più! Vogliono entrare in Torino! Dobbiamo difendere la città, non possono arrivarci!
Li immagino ancora lì, proprio sotto di me, ad attendere, scrutare, muoversi e poi ritirarsi in questo freddo inverno del Nord Italia di un tempo che fu. Se chiudo gli occhi li rivedo. Ma io di qua non mi muovo. Da questa Rocca a Verrua di Savoia voglio continuare a guardare come si evolve la situazione e seguire quel corso d’acqua che proprio di fronte a me naviga, non preoccupandosi di ciò che sta accadendo.

Descrizione e Storia
Adagiata su questa collina al confine tra la provincia di Torino e di Vercelli, la Rocca di Verrua di Savoia, conosciuta anche con il nome di Fortezza, fu costruita tra il 900 e l’anno 1000. Nel XIV secolo divenne un punto strategico per la sua posizione di controllo sulle province di Asti, Vercelli e Alessandria. Al centro di un violento scontro tra i Savoia e i Marchesi del Monferrato, la Rocca di Verrua passò definitivamente sotto la dinastia sabauda.
Molti furono gli assedi che videro la Rocca al centro, il più violento fu quello del 1704. L’allora Regno di Savoia era alleato con Luigi XIV e quindi con la Francia. Alleanza che si ruppe nel 1703, quando i Savoia strinsero un accordo con l’Impero Asburgico, l’Olanda e l’Inghilterra e dichiararono guerra ai vicini francesi. La risposta della Francia non si fece attendere e nel giro di poco tempo il Regno di Savoia perse Aosta, Susa, Vercelli, Ivrea e Nizza. L’esercito francese sembrava allora invincibile, composto da oltre 30.000 soldati, che furono però costretti a fermarsi in prossimità proprio della Rocca di Verrua, unica fortezza ancora a difesa di Torino!
Guidati dal Duca di Vendome, le truppe francesi misero d’assedio la fortezza, assedio che durò per sei mesi, dal 14 ottobre del 1704 al 9 aprile 1705. Nei mesi invernali, quelli più rigidi, la situazione rimase stabile, ma a marzo i francesi lanciarono l’offensiva, riuscendo ad interrompere il rifornimento di viveri e munizioni ai soldati piemontesi in difesa della Rocca.
Il 9 aprile fu il giorno dell’arresa, l’esercito piemontese fu sconfitto dai francesi, che poterono così proseguire verso Torino…
Curiosità
L’aver fermato i francesi nei pressi della Rocca di Verrua, a una trentina di chilometri dal capoluogo fu importantissimo, permise infattialle truppe piemontesi di prepararsi all’assedio di Torino del 1706, che sappiamo come terminò. I francesi vinsero la battaglia, ma persero la guerra, da qui il detto piemontese "I profit ch'al'anfait i franseis a Vrua", “il profitto che hanno fatto i francesi a Verrua”, in cui si perde tempo per poi ricavarne nulla.
Oggi
Immaginare e calpestare. Verrua di Savoia rimane ancora oggi una delle fortezze simbolo della nostra regione, nonostante sia caduta in rovina per molti anni, divenuta ricovero per soldati feriti ed invalidi in età napoleonica, nel 1957 venne venduta ad una ditta che compì lavori di estrazione. Negli ultimi anni, come per molti siti di interesse storico, la Rocca di Verrua di Savoia ha aperto i battenti a turisti e curiosi che possono visitare la struttura immaginando e calpestando i luoghi dell’assedio del 1704 e volgendo lo sguardo verso il basso vedere quel fiume Po che come trecento anni fa continua serenamente la sua lunga corsa verso il mare...